La mia infanzia
La mia storia inizia a Cesano Maderno, in provincia di Monza-Brianza, il 4 aprile 1963.
In tenera età ho scoperto, tra i parchetti e l'oratorio, la mia passione più grande: il pallone.
A scuola non andavo bene, non mi interessava lo studio, la mia testa tornava sempre al calcio, alle partite con gli amici, al prossimo goal da segnare e al sogno di diventare un professionista.
Il calcio mi ha tenuto lontano dalla criminalità minorile dilagante in quegli anni, i miei amici dopo scuola andavano a rubare, spacciare, entravano in giri di droga.
I banchi vuoti in classe, lasciati da coloro che venivano arrestati, aumentavano. Io non mi inserivo in quei giri perché avevo il calcio e non volevo buttate via il mio futuro.
Dopo un promettente inizio nelle giovanili del Monza, a 17 anni ho visto sgretolarsi il mio sogno quando, durante una partita di allenamento, un compagno di squadra mi è venuto addosso rompendomi il ginocchio sinistro.
La diagnosi dei dottori: non sarei più potuto scendere in campo, ha ribaltato la mia vita, ero perso e arrabbiato. Avevo riposto tutte le mie aspettative su quel pallone, non avevo pensato a un piano b.
La rabbia era tanta che ho rifiutato di farmi operare e col ginocchio ancora fasciato e tumefatto sono scappato di casa.
Da ragazzo modello, mai bevuto alcool, mai fumato, mai andato in discoteca, ho cominciato a frequentare le compagnie sbagliate e a delinquere, solo così trovava sfogo la mia frustrazione, disillusione e senso di ingiustizia per il sogno che mi era stato portato via.
Tra rapine, droghe e malavita
La mia vita diventa un susseguirsi di rapine, sparatorie e inseguimenti con le forze dell'ordine.
Non potevo più tornare dalla mia famiglia, ero ricercato e una volante della polizia mi attendeva sotto casa.
Costantemente in fuga, alla ricerca della prossima auto da rubare e della prossima rapina da fare coi miei compagni.
In questa spirale di criminalità sono caduto nel mondo della droga e della sregolatezza, ho abbandonato il buon senso per quella voce interiore che mi diceva di distruggere tutto, anche me stesso.
La prima volta dentro
Nel 1982 il primo arresto che diede inizio a un decennio di latitanza, ogni permesso di uscita era l'occasione giusta per scappare e tornare alla mia vita sregolata e criminale.
Sono entrato e uscito dal carcere fino al 1990 quando mi trasferirono nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario, prima a Montelupo Fiorentino poi, nel 1992 e dal 1995, a Reggio Emilia.
L’inferno sulla Terra
L’Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG)
I primi anni nell'OPG di Montelupo Fiorentino ho vissuto l'inferno, ancora pieno di rabbia e rancore non mi dimostravo mai collaborativo e per questo venivo spesso legato nei letti di contenzione e sedato.
La vita negli ospedali psichiatrici giudiziari non poteva essere considerata tale, le condizioni in cui venivano tenuti gli internati erano disumane.
Legati ai letti venivamo imboccati per mangiare e bere, non ci era permesso di alzarci neanche per andare in bagno, restavamo per dei giorni sdraiati sulle nostre deiezioni, nudi a fissare il soffitto e contare le ore.
In OPG non c'erano solo criminali come me, ma anche internati in condizioni mentali gravi, inconsapevoli delle azioni che li avevano fatti incarcerare e anche di dove fossero.
24 Passi
"Il Maradona delle Carceri"
Nel mezzo dell'inferno una luce di speranza: la direttrice dell'OPG Valeria Calevro, che non smetterò mai di ringraziare per avermi salvato, mi diede il permesso di allenarmi in occasione della maratona di Vivicittà del 1998 organizzata dalla UISP (Unione Italiana Sport per tutti).
Io non volevo correre, non mi era mai interessato, quindi decisi di seguire il percorso palleggiando.
Mi diedero un pallone e, nei 24 passi del cortile/passeggio, iniziai a stabilire i primi record di palleggio.
Erano anni che non toccavo una palla, dopo l'infortunio avevo iniziato a odiare il calcio, ma ho trovato nel pallone la mia terapia.
Durante l'evento di Vivicittà venne subito notato il mio talento e in molti iniziarono a credere in me e nelle mie potenzialità.
Con l’aiuto dell’associazione UISP ho stabilito i primi record ufficiali e la mia storia è arrivata ai giornali.
Ogni anno affrontavo il percorso di Vivicittà in maniera diversa: palleggio in avanti, indietro, col pallone in equilibrio sulla testa e la palla non cadeva mai, dietro alla mia dedizione c'era un segreto, la persona a cui dedicavo ogni passo: Giovanni.
Giovanni Marione
La svolta definitiva nel mio cammino di redenzione avvenne nell’incontro con l’internato Giovanni Marione nel 1997.
Era un uomo friulano, finito in OPG perché durante una discussione aveva spinto un anziano che cadendo era morto. Non aveva coscienza di cosa avesse fatto, non sapeva neanche di non essere più in Friuli, sosteneva di essere figlio di Eisenhower e nipote di Johnson.
Era destinato a tre mesi di vita per una malattia, ma decisi di prendermene cura per non abbandonarlo a questa condanna. Inizia qui la mi opera migliore: notte e giorno ho fatto da infermiere al mio amico e l'ho protetto dagli scherni degli altri internati.
Giovanni è sopravvissuto, è uscito dall’OPG ed è tornato nella sua città natale in Friuli Venezia Giulia.
Ho capito facendo quest'opera buona cosa significa avere coraggio, in nessuna delle mie scelte criminali, in nessun inseguimento, in nessuna sparatoria, in nessuna rapina a mano armata, avevo avuto realmente coraggio, scegliendo di prendermi cura di qualcun altro invece ho deciso di dare valore alla vita, di costruire e non di distruggere.
Fabrizio oggi
Oggi sono un uomo libero, con un lavoro, una compagna, una casa.
Sono diventato testimonial della legalità, collaboro con l’associazione Libera di Reggio Emilia raccontando la mia storia nelle scuole.
Ogni anno con la UISP stabilisco nuovi record di palleggio durante la festa della Madonna della Ghiara l'8 settembre.
Un traguardo di cui vado particolarmente fiero è essere stato nominato membro della squadra Seleçao Internazionale Sacerdoti calcio dal mister Moreno Buccianti.
Insieme a lui partecipo a molti eventi in cui racconto la mia storia e diffondo consapevolezza sulla legalità.
Il mio percorso, in particolare gli anni in OPG, è stato raccontato e analizzato dalla scrittrice e professoressa Franca Garreffa nel libro "Nel carcere dei matti delinquenti" ed è in programma la distribuzione del docufilm "Senza Volto - storia di Fabrizio Maiello" del regista Luca Guardabascio.